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PALAZZI INGHIRAMI

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Lungo via dell’Accademia si trovano due palazzi dell’ormai estinta casata Inghirami (Petrà 1965), famiglia nobiliare pratese citata nel XVII secolo negli elenchi della nobiltà cittadina.

Sono posizionati uno di fronte all’altro e sono entrambi frutto di modifiche ed accorpamenti di strutture preesistenti.

 

All’attuale civico numero 41 troviamo il palazzo  voluto da Gimignano Inghirami (1370-1460), egregio canonista influente alla corte pontificia (Fantappiè 1983). Questa è la struttura più antica tra le due e derivato dall’accorpamento di case torri risalenti al XII secolo (Fantappiè 1983). E’                                           stato per diversi secoli residenza privata e sottoposto

                                          ad un primo rifacimento nel tardo ‘400. Con l’estinzione

                                         della famiglia Inghirami - l’ultimo membro corrisponde

                                          a Giuseppe Inghirami morto nel 1790 - il palazzo passa

                                          in proprietà dei Conti Amedei di Roma (Cerretelli 2003)

                                          che, subito prima di entrarvi, ordinano una

                                          ristrutturazione interna atta ad una miglior

                                          distribuzione e comodità delle sale.

                                          Nel XIX secolo, dopo il passaggio alla famiglia

                                         Cecconi (Cerretelli 2003), terminerà la sua funzione

                                         di totale residenza privata ospitando a piano terra una

sede di una fabbriche di stoffe che continuerà la sua produzione anche intorno al 1910 (Meoni 1971).

Dopo diversi cambi di funzioni temporanee - 1931 accoglie la società corale Giuseppe Verdi che per l'inaugurazione dei locali restaurati ospitò Pietro Mascagni -, un leggero danneggiamento risalente al 1944 e, nell’immediato dopoguerra,  la demolizione del giardino interno per agevolare l’inserimento di una banca (Cerretelli 2003) , il palazzo diventa, dal 1995,  la sede della Prefettura di Prato.

Attualmente “conserva comunque lungo la facciata posteriore (verso via Cairoli) un'elegante loggetta a colonne corinzie, e alcuni ambienti al piano terreno con volte rinascimentali e sovrapporte decorate nel XVIII secolo, presenti anche in sale del primo piano”[1]

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L’altro palazzo Inghirami, voluto da Filippo - nipote di Gimignano - fu edificato intorno al 1470-80, poco prima

della sua morte, e costruito trasformando due case turrite del XIII secolo (Cerretelli 2003). Ha assunto funzione

di residenza privata fino al XIX, quando divenne sede della Banca Nazionale del Lavoro, passando in mano a

importanti famiglie quali i Bocchineri e i Martelli (Cerretelli 2003).

Nel 1910 lo scrittore Armando Meoni parla dell’osteria che nel 1910 era situata al piano terra del Palazzo

elogiando “Il vino che si poteva bere al Palazaccio e pianoterra del palazzo Inghirami in via dell'accademia,

[…] aveva corpo aroma e colore che bastavano a fare la fama dell'oste.”[2]

Non si sono ritrovate notizie sullo stato e sulle funzioni del palazzo dopo tale informazione. Rimasto chiuso

per diverso periodo nel 2011 il piano terra riapre per diventare sede di un negozio di arredamento.

Come anche l’altro palazzo, questo voluto da Filippo, ha mantenuto bene le caratteristiche d’origine e si

intravedono anche alcune modifiche apportate alla facciata durante i secoli, a seconda delle tendenza e i gusti dei periodo: i segni in pietra alberese testimoniano gli antichi loggiati - probabilmente costruiti insieme alla prima formazione della struttura - i quali sono stati successivamente demoliti. “L'alto piano terreno è forato da finestre rettangolari e dal portale a bugne lisce. Il piano superiore ha, sulla destra, una loggetta angolare. Il cortile centrale loggiato è ora coperto e modificato, mentre resta al primo piano un salone rinascimentale”[3].

 

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L’architetto Claudio Cerretelli descrive le caratteristiche esterne delle due strutture che “seguono una tipologia diffusa nel Rinascimento in molti centri minori. Entrambi presentano ampie facciate intonacate segnate da marcadavanzali in arenaria sui quali posano al primo piano finestre centinate con mostra liscia (sagomata per il n.1), e al secondo finestre simili, ma in forme semplificate e gronde assai sporgenti. Al piano terreno, oltre ad ampi portali centinati sono alte finestre a tabella. I prospetti sono completati da una gronda di notevole sporgenza."

 

note:

[1] Cit. C. Cerretelli, Prato e la sua provincia, Agenzia per il turismo di Prato, 2003, pg pg 57.

[2] Cit. A. Meoni, Prato, ieri, Vallecchi editore, Firenze, 1971, pg 14-39.

[3] Cit. C. Cerretelli, Prato e la sua provincia, Agenzia per il turismo di Prato, 2003, pg pg 57

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BIBLIOGRAFIA:

1. C. Cerretelli, Prato e la sua provincia, Agenzia per il turismo di Prato, 2003.

2. R. Fantappiè, Il bel Prato. Ritratto di Prato, città d'arte con la guida delle memorie storiche di Luigi Fontanelli (1855), vol. 1, Cassa di Risparmi e Depositi di Prato, 1983.

3. Un secolo fa, Archivio storico pratese, II, 1919.

4. B. Petrà, Notizie su uno degli Inghirami, Prato, storia e arte, n. 12, Fondazione CR Prato, 1965.

5. A. Meoni, Prato, ieri, Vallecchi editore, Firenze, 1971.

6. E.Fiumi, Demografia movimento urbanistico e classi sociali in Prato dall'età comunale ai tempi moderni, Leo S. Olschki editore, 1968.

 

SITOGRAFIA:

1. http://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2011/10/22/news/palazzo-inghirami-riapre-le-porte-1.2756938

 

 

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