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PALAZZO DATINI

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Palazzo Datini, che oggi ospita l'Archivio di Stato, fu la residenza signorile del mercante pratese Francesco di Marco Datini (Prato 1335-1410), organicamente inserita nell’ isola datiniana, realizzata tra via dell’ Altopascio e via del Porcellatico, nei pressi di Porta Fuia.

Nel gennaio del 1265 Toscanello e suo fratello Martinuccio, figli di Accompagnato di Bonfigliolo, fabbri e coltellai, acquistarono per venti lire dallo Spedale della Misericordia di Prato una casa[1], nucleo originario dei possessi Datini.

Nel 1325, Agnolo e Marco, figli di Datino di Toscanello, vivono nella casa paterna insieme alla madre Parentina. Alla morte nel 1348, Marco di Datino taverniere e macellaio, indica nel testamento come eredi dell' abitazione di famiglia in via Lapo Mazzei, i figli Francesco e Stefano.

 

Francesco Datini, avviato alla carriera mercantile, si trasferisce nel 1351 ad Avignone, uno dei principali centri commerciali e bancari dell'Occidente del '300, affidando la gestione della casa paterna a Monna Piera di Pratese, dandola in fitto a privati fino all' agosto  del 1358.

Nel 1354, Piero di Giunta del Rosso, tutore di Francesco Datini, acquistò per conto del mercante un edificio di proprietà del fiorentino Bartolomeo Aglioni, confinante con la casa paterna di Francesco[2]. Su quel complesso di edifici fu iniziata un'importante opera di ristrutturazione, seguita da un vicino di casa, Niccolozzo di ser Naldo Binducchi.

Al primo nucleo verranno aggiunti nel 1372 il casolare di Barnetto, probabilmente figlio di Giovanni di Barnetto di Fortebraccio, nel 1382 vennero acquistate da Arrigo di Sir Lapo due abitazioni lungo l'attuale vicolo del Ceppo e nel 1392 la casa confinante a nord dove abitava Monna Francesca di Copino.

Nel 1376 Francesco Datini si sposa ad Avignone con Margherita, figlia di Domenico Bandini e Dianora Gherardini. Nel 1383 i coniugi ritornano da Avignone per insediarsi nella dimora pratese. In questa seconda parte della sua vita Francesco si occuperà personalmente degli acquisti e delle annessioni attorno alla casa paterna e dei lavori che porteranno poi alla realizzazione del suo palazzo signorile. “Io sono tanto occupato dal fatto di murare, che io non penso ad altro, né di giorno né di notte"[3]: tutto il tempo impiegato nella supervisione dei lavori del "murare" è vissuto da Francesco come una distrazione dello scopo principale della sua vita, la pratica del commercio; il progetto di dimora venne vissuto dal mercante come necessaria conseguenza della sua nuova condizione sociale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli interventi eseguiti nel corso del primo decennio riguardano tutta l'ala oggi adibita a museo. Risale al 1383 la realizzazione della cantina, che riprendeva la struttura del piano sovrastante con la scansione di due volte a crociera. Nello stesso anno vengono iniziati i lavori delle nuove scale, della volta di copertura dell'atrio d'ingresso e della vasta sala al piano terra, poi "camera delle due letta". La stanza fu coperta da una volta a crociera ribassata e arricchita da un camino ornato con l'arme del Datini, un acquaio, un armadio a muro e una porta di collegamento con la futura cucina.

Nel 1384 iniziarono i lavori per la  nuova cucina, che doveva occupare parte dell'area in precedenza adibita a corte, che venne conclusa solo nel 1387, con l’aggiunta di un corridoio in muratura per separare la cucina dall' ingresso sulla strada e dare così maggiore dignità all'ingresso del palazzo sulla via pricipale.

Sempre nel 1387 venne realizzato il loggiato della corte interna, regolarizzando l'area dove si trovavano una stalla, una casetta e la cucina. Il loggiato venne completato con la realizzazione di una volta su cui poggerà il ballatoio della loggia superiore, poi tamponata per ricavarvi una nuova camera dotata di camino, che oggi costituisce la sala d'ingresso all'Archivio. Lo stesso anno venne anche realizzato un pozzo, in posizione decentrata rispetto alla geometria del cortile, per consentire di attingere acqua dal corridoio sul fondo del cortile tramite una finestra dotata di carrucola. A conclusione dei lavori nel 1388, la corte venne lastricata, eliminando ogni resto dell'antico orto.

Tra il 1387 e il 1389 venne realizzata la camera di Francesco e Margherita, all' interno della quale venne anche ricavato lo studiolo del Datini.

Tra il 1388 e il 1391 vennero eseguiti una serie di lavori che portarono ad evidenti modifiche dei prospetti esterni del palazzo: vengono rialzati i muri delle due facciate principali del palazzo su via Rinaldesca e via Mazzei; la realizzazione della scala sul ballatoio della corte per accedere alla cucina portò alla formazione di un ambiente di sottotetto che rese necessario rialzare le coperture in quell’area, creando una zona emergente che alterava le simmetrie del prospetto.

Concluse le coperture prese avvio una nuova fase d'interventi dedicati alla decorazione dei principali ambienti del palazzo, di cui si occuparono tra i tanti: Paganino d'Ugolino (decoratore di palazzi a Firenze), Dino di Puccio e Jacopo d'Agnolo, Arrigo di Niccolò.

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Contemporaneamente agli interventi su Palazzo Datini, Francesco si occupò anche di un altro progetto che prevedeva l' ampliamento del complesso sull'altro lato di via Mazzei con la realizzazione di un ricco giardino con loggiato, cantine, fondaco e strutture annesse. Venne attuata una progressiva acquisizione di beni contigui in modo da formare un' unica proprietà analogamente a quanto già fatto per l'isolato in cui si trovava l’ abitazione. In una lettera del 1389 il mercante descriveva così l’area del fondaco: "Un giardino dinanzi a casa mia, lungo braccia 32 e largo braccia 14, pieno di melaranci e rose e viole e altri bei fiori. Costa più di 600 fiorini: è stata una grande follia, sarebbe amo meglio averli messi in un podere, ma chi ha poco senno fa cosi"[4].

 

Fra il 1407 e la morte i lavori ripresero sull'area adiacente la "casa grande",e nel 1410 Palazzo Datini è ormai completo e inserito organicamente nel progetto complessivo dell’ "isola datiniana".

 Alla morte di Francesco Datini nel 1410 venne istituita la fondazione di beneficienza "Casa e Cieppo de' poveri di Francesco di Marco", a cui venne assegnata la proprietà e il mantenimento del palazzo. Nel 1467 il cambio di destinazione rese indispensabile l’esecuzione di alcuni lavori per una migliore suddivisione degli spazi interni.

La copia di un plantario settecentesco dei possedimenti dei Ceppi ci consente di conoscere la struttura del palazzo in quel secolo: nel plantario è rappresentata una colombaia tutt'oggi presente; sulla facciata dell’attuale via Mazzei compare un terrazzino in ferro e finestre barocche che scandiscono il piano terra; dai rilievi degli edifici circostanti è possibile intravedere i resti dell'antico giardino e dell'orto, di cui oggi rimane soltanto il portone di accesso.

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Solo nel 1954 il consistente intervento di restauro dell'architetto Nello Bemporad, permise di liberare la parte più antica del palazzo dalle successive superfetazioni, riportando l’edificio alla struttura originale. 

Tra gli interventi specifici sono stati eseguiti: il ripristino della scala nell'androne, la ricostruzione del pavimento in cocciopesto della camera delle due Letta, il rifacimento dei due ballatoi che affacciavano sulla corte, la ricostruzione del pozzo della corte, il ripristino delle finestre ad arco del primo piano, la messa in evidenza degli antichi elementi murari in pietra e mattoni e delle imbotti delle finestre originali.

Notevole importanza venne data anche al recupero dell'apparato pittorico, affidato a Leonetto Tintori per le pitture esterne e a Giuseppe Rosi per quello interno.

 

Un ulteriore restauro nel corso dell’ultimo decennio ha riportato all’aspetto originario le pitture murali del piano terreno, nei cui spazi interni è stato adibito un allestimento museale.

Accanto agli spazi d’arte, il palazzo rimane principalmente la sede dell’ Archivio di Stato, contenente a sua volta l’Archivio Datini, fonte basilare per la ricostruzione della storia economica del tardo Medioevo, attraverso numerose corrispondenze e registri mercantili.

note:

[1] Cfr. Come indica l’Atto di acquisto conservato nel Diplomatico fiorentino, proviene dall’archivio dei Ceppi, la casa acquistata era all’angolo di due strade, confinava con un altro possesso degli avi Datini e con il fornaio Torsone.

[2] Cfr. Il documento, ASPo, Datini, 214/1, c.9 è citato da BENSA 1928, p. 24, e riportato da MELIS 1962, p.47, n.37.

[3] Cit. Lettera Firenze-Pistoia, 12.4.1383. ASPO, Archivio Datini, 444, cod. 400536.

[4] Cit. Lettera Firenze-Genova, 7.7.1389. ASPO, Archivio Datini, 1086, cod. 9281573.

 

BIBLIOGRAFIA:

1. J. Hayez e D. Toccafondi (a cura di), Palazzo Datini a Prato. Un palazzo fatto per durare mille anni, Tomo I, Edizioni Polistampa, Firenze, 2012.

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