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PALAZZO CAI-LOMBARDI

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​​La ristrutturazione degli esterni(1815-20) è attribuibile a Gaetano Magherini; il fronte principale, con sette assi di aperture su tre piani  e ha il portale centrale fiancheggiato da finestre con cornice orizzontale su mensole geometrizzate. Gli interni conservano decorazioni di Luigi Catani (come un soffitto con Diana).

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All’interno, alcune sale conservano decorazioni ottocentesche, forse di Luigi Cini, con scene mitologiche, raffinate grottesche (ispirate alle Logge vaticane) e finti stucchi, ma anche con fregi che propongono interessanti riferimenti alla vocazione industriale laniera della famiglia (la cui fortuna è legata alla produzione di berretti “alla levantina” che venivano esportati in medio Oriente).

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Adiacente al palazzo vi era infatti proprio la Fabbrica di pannine Pacchiani con macchine per filare la lana, tintoria, telai, ecc…[2] .

L’ampia facciata su due alti piani del palazzo ora edificio scolastico, sede dell’Istituto Professionale Marconi ed oggi, recuperato, è Urban center con spazi espositivi dedicati alle associazioni, singoli cittadini interessati alla pianificazione urbanistica[3].

Nell’angolo tra le due vie è un tabernacolo con edicola in veste classicheggiante (di ripristino) conclusa da timpano semicircolare con affresco (Madonna col Bambino) ridipinto, forse del primo Cinquecento.

Il palazzo ha un marcapiano, al quale si raccordano con fascia in pietra i finestroni superiori (con cornice su mensole), segna il prospetto fino alle estremità, ornate da lesene. Al centro c’è il portale, con terrazzino superiore (sul quale è una porta finestra conclusa da un timpano curvilineo).

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L’edificio subì una notevole ristrutturazione nel 1815-16, voluta da Giuseppe Pacchiani, che nel 1792 in via del Carmine,  aveva impiantato il primo vero stabilimento laniero pratese con Vincenzo Mazzoni e ne fece decorare gli interni con splendidi fregi (visitato nel 1809 dalla granduchessa Elisa Baciocchi), contiguo al palazzo.

Insieme con Lazzero di Vincenzo Mazzoni, Giuseppe Pacchiani impiantò una seconda “fabbrica di berretti alla levantina” e lavorò berretti dei tipi “ortà, cala bus, da militari e zenè per donna; sopraffini e fini scarlatto e rosso granato, sottofini scarlatto, fini e sottofini e ordinari rosso andante, tutti con ornato di seta in orsoio o trama; i berretti con nappa pendente in setino riotorto”.

Alessandro di Giuseppe Pacchiani, gonfaloniere nel 1860, proseguì l’industria paterna e lo annovera tra i migliori fabbricanti di pannilani e berretti[1].

 

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Fantappiè,1983,p.327

Fantappiè,1983,p.328

note:

[1]  R. Fantappiè, Il bel Prato, Il Ritratto di Prato Città d’Arte, con la Guida delle Memorie Storiche di Luigi Fontanelli (1855), Cassa dei Risparmi e Depositi di Prao, Prato 1983 (pp. 325-327) .

[2]  http://www.welcome2prato.com/2009/06/palazzo-novellucci-prato-via-cairoli.html

[3]  C. Cerretelli, Prato e la sua Provincia, Giunti Editore, 2003 (pp 93).

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BIBLIOGRAFIA:

1. C. Cerretelli, Prato e la sua Provincia, Giunti Editore, Agenzia per il turismo di Prato, 2003.

2. R. Fantappiè, Il bel Prato. Ritratto di Prato, città d'arte con la guida delle memorie storiche di Luigi Fontanelli (1855), vol. 1, Cassa di Risparmi e Depositi di Prato, 1983.

3. E.Fiumi, Demografia movimento urbanistico e classi sociali in Prato dall'età comunale ai tempi moderni, Leo S. Olschki editore, 1968.

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